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L'Onda Veronese

Io la penso così

I tifosi dell’Hellas, unici, per il loro attaccamento, senza se e senza ma, alla squadra e ai suoi colori sono, però, anche strani e talvolta preda di pregiudizi facili da radicare difficilissimi da estirpare. Senza andare troppo indietro ricordo quando in Lega Pro, pur veleggiando in testa alla classifica, si accanivano contro Remondina attaccandolo anche in campo, ricordate la multa a Rimini, per cori contro il proprio allenatore? Dallo scorso anno il capro espiatorio è Fabio Pecchia un corretto e onesto allenatore che cerca di fare del proprio meglio con quanto gli passa il convento. Lo scorso campionato, dopo la gara di Spezia, quando la squadra sembrava nettamente superiore alle altre, ci si rammaricava perché, nonostante i numeri fossero dalla parte dell’Hellas, l’allenatore non era all’altezza, a giudizio dei soloni dello stadio, di quanto si potesse fare. A Verona, parlo degli ultimi vent’anni, sono piaciuti e sono stati osannati gli allenatori che hanno, come disse qualcuno, allenato meglio la curva che la squadra. Mandorlini fu contestato pochissimo perché diceva che aveva la scala tatuata sulla pelle quindi, sempre per i soloni, “uno di noi”, anche se arrivò in A, al secondo posto, con un organico che doveva avere, come minimo, dieci punti di vantaggio sugli avversari ma, al buon Mandola, si perdonava tutto! Veniamo a quest’anno. Il d.s. Fusco, sicuramente su indicazione del padrone, ha speso pochissimo puntando su scommesse, che si possono vincere come perdere, invece che su giocatori smaliziati e con un buon e lungo curriculum nella massima serie. Da osservatore obiettivo mi sono stupito quando Filippo Fusco ha indicato nel Crotone la squadra da imitare dimenticando, credo volutamente, per non aumentare il numero dei denigratori che imperversano in città, il Chievo. L’odiato Campedelli ha costruito un giocattolo che da quindici anni calca il massimo palcoscenico calcistico italiano, facendosi beffe degli squadroni, dei falsi milionari, e dei “baruca” di turno. Il leitmotiv di Campedelli è sempre stato: giochiamo per salvarci. Difficilmente, l’esperienza insegna, ci si salva lanciando giovani e facendo scommesse. Il Chievo annovera, ormai da anni, la squadra più anziana della massima serie, anche se poi i vecchietti sono quelli, vedi statistiche, che corrono di più di tutti. Allora perché continuare a prendersela con Fabio Pecchia? Lunedì sera, con il Benevento, in una partita, che sembrava il preludio alla serie B, ma che contava assolutamente vincere, dietro la mia postazione, un energumeno ha, per tutta la durata della gara, insultato e minacciato il povero Fabio colpevole, a suo dire, di sbagliare tutto. La stessa cosa sento ripetere oggi, sempre dai soloni, non doveva far giocare Souprayen, ma Bearzotti, senza sapere che il giovane era infortunato e nemmeno convocato. Che di cinque centrali in rosa, ben quattro sono fermi ai box, questo non conta perché, questa è la tesi, l’allenatore “l’è straso”! Non doveva cambiare Pazzini, anche se ormai aveva la lingua fuori, perché dopo abbiamo subito il goal, come se fosse colpa del cambio.  Alcuni giocatori, per varie ragioni, non solo non sono dei beniamini, ma spesso mal sopportati, dai soloni, ebbene questi sono stati e sono sempre presi di mira e, ogni qualvolta toccano palla, si sentono mugugni che certamente bene non fanno. Osvaldo Bagnoli, almeno lui, rispettato e venerato da tutti, ha sempre detto che un allenatore e una squadra sono bravi se dietro hanno una società. Valutiamo queste cose e poi parliamone.

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